mercoledì 28 gennaio 2015

La sapienza e l’umiltà dell’imparare


“Ho sbagliato più di 9000 tiri nella mia carriera. Ho perso quasi 300 partite. 26 volte, mi hanno dato la fiducia per fare il tiro vincente dell’ultimo secondo e ho sbagliato. Ho fallito più e più e più volte nella mia vita. È per questo che ho avuto successo”
(Michael Jordan)

 Colpi secchi, brevi, sui guanti da passata. Traiettorie fulminee, ricurve come lama di un katana ma sono pugni, nocche dure ad impattare il cuoio spesso.
Buche slabbrate sui bersagli più consunti, sudore acre si sprigiona nel locale.
Ogni giorno, ogni momento delle “formazione marziale” siamo pronti ad imparare, ad accettare lo scoglio dello scontro affidandoci alle scoperte, alle intuizioni di chi ne ha già fatto esperienza e le propone al gruppo. Poi, il praticare l’uno contro l’altro, lo scontrarsi di colpi e corpi, ci dirà come aggiustare “il tiro”, come adattare finanche a stravolgere quanto suggeritoci, proposto e poi provato a nostra volta.
E questo è imparare.
Ecco, ora ricordo, solo pochi giorni addietro, il mio ingresso, con Monica, nel salone d’auto, incerti e spaesati, ignoranti del mezzo meccanico, per acquistare.
Due autentici cretini, agli occhi del venditore. E solo il rispetto e l’amicizia di cui godo presso gli amici credo abbia impedito loro di apertamente ironizzare al mio racconto dell’acquisto dell’auto, infarcito di ignoranza, incertezza e totale affidarsi a chi vendeva.
Però …

Però io, forte delle mia continua esperienza marziale, coltivo l’insana ( insana per molti) certezza che nulla, o quasi, si possa scegliere per competenza assoluta, certa, e solo poco, molto poco, si possa fare o scegliere per competenza, per altro del tutto relativa.
Certo, l’amico che legge riviste del settore, si aggiorna sui modelli in uscita e guida con sapienza avrebbe potuto cogliere le magagne, i difetti evidenti, se evidenti, nel mezzo propostoci. Ma, per davvero scegliere con oculatezza e cura, uno stesso professionista del settore, un “meccanico”, avrebbe avuto un solo modo: farsi smontare davanti agli occhi, pezzo per pezzo, l’auto, esaminandola nei dettagli e poi … sperare che, una volta rimontata, fossero davvero la stessa con gli identici pezzi quella che gli verrà poi venduta.
Vi pare eccessivo ? Siete tra i fautori del “Io scelgo bene perché so le cose” o del “Perché prendo le informazioni giuste ?”
Chi crede di conoscere le ragioni vere per cui sceglie quell’avvocato o quel servizio, quel commercialista o quel prodotto, e non un altro, affonda le sue certezze sulle illusioni di cervello e personalità.
Nessuno di costoro sa con certezza se il responso dell’avvocato o quel prodotto siano davvero i migliori. Perché ? Per due bei motivi: A) Ci sarà l’avvocato della controparte che darà un responso diverso ( migliore ?!) e un tizio, anche lui esperto, che sceglierà proprio il prodotto che voi avete scartato, ritendendo quello il migliore; B) Nessuno di voi è avvocato o produce / vende quel prodotto e, anche se fosse, avete davvero, in materia, competenze specifiche almeno pari all’interlocutore ?
Il buon venditore è colui che instilla nell’acquirente l’illusione di possedere elementi decisionali per poter valutare correttamente l’offerta di vendita, come se nostre fossero le informazioni e autonome le nostre valutazioni. Lui ci passa informazioni, di cui noi ci appropriamo come se fossero nostra conoscenza.
Ogni essere umano, in qualunque agire e scegliere, privilegia quel che supporta il suo punto di vista piuttosto che accogliere e valutare ciò che lo contraddice, che lo induce a moti di sfiducia in se stesso: “Perché leggiamo sempre  giornali nei quali sentiamo di essere rappresentati e quasi mai gli altri ? Non ci sarebbe nulla di male se ciò non significasse che la nostra unica ed esclusiva fonte di notizie finisse per essere quella; leggendo le opinioni altrui si rischierebbe di entrare in conflitto con le proprie credenze, magari essendo capaci di riconoscerle come instabili pregiudizi, cominciando ad apprezzare quelle degli altri. Tuttavia, ciò implicherebbe il faticoso e incerto rischio di doversi mettere in gioco e, ancor peggio, di ricredersi” (D. Cesana).
Non è quello che, ohibò, caratterizza il procedere di relazioni di coppia ormai asfittiche e annoiate o la scelta di restare in quell’azienda che vi sottovaluta ? Non è quello che vi fa scegliere quel tal film o la serata con quella coppia di amici ?
Paradossalmente, la domanda giusta da fare al nostro simpatico venditore, avrebbe potuto essere “Per quale motivo non dovremmo comperare quest’auto?”. Ma, posta così, se il tale avesse risposto onestamente, avrebbe dovuto partire da cosa ci spingeva a cambiare auto e quale ne sarebbe stato l’utilizzo. Cose, queste sì, già a noi note, sulle quali io e Monica avevamo già discusso fino al mio “passo indietro” per concederle il piacere della scelta dettata più da gusto estetico che dal reale tipo di utilizzo. Poi, avrebbe dovuto, sull’auto propriamente scelta per l’acquisto, onestamente svelare a noi quelle eventuali magagne che… gli avrebbero impedito di guadagnare la sua percentuale sulla vendita.Dunque, a breve, auto nuova, o meglio del 2008, presa da un concessionario, che ha una certa “faccia” da esporre e perché la dà con la garanzia di un anno: riduzione del danno, potremmo chiamarlo e nulla più.

Beh, in fin dei conti, cari esperti di auto e di acquisti in genere, è quel che fate anche voi venendo ad imparare in Dojo quel che io vi propongo e imparate a conoscere solo facendo e poi facendo ancora. O meglio è quel che vi occorre per imparare realmente, mentre io mino le vostre certezze, le vostre resistenze, le vostre convinzioni. Le mino perché guardiate al combattimento e a voi stessi con i vostri di occhi e non con quelli di altri, del sentire comune, delle vostre presunte competenze o della “maschera” e del “ruolo” che ora indossate. Le mino perché impariate a divenire adulti consapevoli e coraggiosi come vi pare e piace. Non fotocopie o smargiassi.
Almeno, questo è il compito di una “Scuola di Formazione Guerriera”.
Le mino sempre soddisfatto quando procediamo insieme sul percorso e anche quando il vostro autentico cuore e le vostre forti gambe, prima o poi, vi portano altrove. Perché avete comunque scelto da soli e per voi.
Mi soffermo qualche secondo a masticare manciate di noia e di sarcasmo quando, invece, restate per sordità nel sentire, per comodità dell’usuale o, più spesso, vi allontanate, nuovamente in preda al conformismo, tra le braccia di ciò che vi rassicura e consola, che vi terrà servo anonimo per sempre.

 “Una volta nel gregge, è inutile che abbai: scodinzola.”
(Anton Cechov)

 Post illustrato con fotografie scattate a Kenpo, Martedì 27 Gennaio.

 






 

lunedì 26 gennaio 2015

Di festa in festa


“Ogni bambino è un artista. Il problema è come rimanere un artista una volta che si cresce”
(Pablo Picasso)

 C’è la gioia di vedere una ventina di bimbi scorrazzare, ridere, spintonarsi, litigare e poi cercarsi, liberi di correre e saltare.

C’è la gioia di vedere un luogo, solitamente deputato alla “formazione guerriera”,  al duro e faticoso processo di individuazione che è il cuore della nostra pratica marziale, divenire luogo di festa innocente, di giochi bambini.

C’è lo stupore degli adulti che, chissà, forse intuiscono che oltre alle palestre e ai corsi di questo e quello, in giro ci sono anche luoghi di un culto dimenticato, il culto dell’educazione alla libertà, alla socializzazione, al divenire adulti.

Ci sono i tre festeggiati, Lupo, Mattia ed Elia, e con loro bimbi conosciuti ed altri no che stanno bene insieme, semplicemente insieme.

C’è la possibilità di imparare il gusto e la ricchezza del contatto, dello scontro fisico; del relazionarsi tra pari senza il solito adulto a dirimere contese, a distribuire i torti e le ragioni; del festeggiare spontaneo senza l’animatore che intrattenga con giochi e giochini pensati da adulti perché bambini si divertano.

Ci sono le torte, le candeline, il buio chiazzato dalle luci vivide di bracciali ed anelli colorati. Ci sono queste foto, che non sono un gran che, anzi. Ma il cellulare fa quel che può ed io, soprattutto, faccio molto più quel che voglio: godere di una festa, semplice e ricca insieme, stare accanto ai bambini ed ai genitori, stare nel nostro Dojo, “Luogo dove si insegna la Via”. E vivere appieno di queste affascinanti sensazioni.
Che “Via” più bella potrebbe esserci, dello stare insieme in festa tra tanti bambini felici ?

 “Il miglior momento per piantare un albero era vent’anni fa; il secondo miglior momento è ora”
(motto cinese)


 












mercoledì 21 gennaio 2015

Così è se vi pare e … come vi appare …


Tutti contro l’Islam, cattivo ed assassino. No, c’è un islam, un islamismo buono, moderato. Sì ma dove ? Sì ma come ?
Ma, a ben guardare,  la “parte” autrice della strage di Parigi ( e delle altre) è pure  in guerra con tutto il resto delle nazioni arabe e musulmane: contro gli arabi laici (e in primo luogo contro la Siria), contro gli sciiti (e in primo luogo contro l’Iran e l’Iraq), contro la gran parte degli Stati arabo-sunniti (dalla Giordania all’Egitto, dall’Algeria al Marocco) e, addirittura, contro l’autentico tradizionalismo religioso islamico, rappresentato dalla grande e pacifica scuola del sufismo.
Questa “parte”, violenta e vigliacca, si rifà alla setta wahabita ( largamente presente in Arabia Saudita, Qatar e, ma guarda un po’, tra i paesi ricchi di petrolio con cui gli U.S.A.  intrattengono costanti ed amichevoli rapporti) ed alla setta salafita, presenza minoritaria tra gli stati nordafricani.
Aggiungiamoci che un’altra fetta  corposa  dell’attivismo fondamentalista arabo-sunnita, i Fratelli Musulmani e Hamas,  si rifiuta di esportare  la “guerra santa” oltre i confini nazionali, e le cose ci appaiono più chiare.
Così chiare che io coltivo l’idea che, prima di bollare come “brutto e cattivo” l’Islam tutto, o di porgere l’altra guancia che noi tifiamo per l’Islam “buono e moderato”, ci sarebbe da “fare due chiacchiere” con la politica U.S.A., il cui presidente, “premio Nobel per la Pace” è ostile all’Iran sciita, che pure è il principale nemico dell’estremismo estremo-sunnita, e agli Stati arabi laici, Libia e  Siria; permette che in Medio Oriente prenda vita  un agguerrito Califfato, che, come dice apertamente Giuliano Ferrara, potrebbe scomparire in una sola giornata sotto il bombardamento della potenza yankee; distoglie lo sguardo dalla  Nigeria (ma quanto petrolio giace in Nigeria ?!?!) dove Boko Aram  impone quotidianamente violenza, terrore e morti atrici.
Oppure avremmo da chiarirci le idee con il presidente francese Hollande, il quale, come ricorda Michele Rallo,  da anni sgomita per diventare il principale interlocutore europeo dell’Arabia Saudita e del Qatar, proprio quelle nazioni da cui provengono le risorse finanziarie che foraggiano  i movimenti estremo-islamisti.
Ossia, ci sarebbe da andare alle origini, alle motivazioni ed alle azioni che spingono, i potentati, politici ed economici e finanziari, delle nazioni di noi buoni “bianchi e cristiani” a mestare nel mondo.
Altrimenti, spinti da qualsivoglia ideologia (coscienza distorta) si tifa per l’uno o per l’altro, contro o pro l’Islam, senza alcuna cognizione di causa, alcuni milanisti ed altri interisti !!

Ecco, continuando ad andare oltre quel che appare, nel testimoniare la più ampia e sentita solidarietà alle vittime tutte della strage di Parigi, bisognerebbe però fermarsi lì.
Oppure, per coerenza, sarebbe da ricordare che l’allora direttore di Charlie Hebdo, Philippe Val, licenziò un collaboratore, Maurice Siné, definendo  la sua satira “antisemita” e lesiva dell’ immagine del giornale, perché “Siné ha superato ogni limite, il suo testo diffonde una voce falsa che stabilisce un legame fra conversione all’ ebraismo e successo sociale. Inaccettabile” e che, per contro, non mi risulta data, a suo tempo,  alcuna solidarietà al comico, di origine camerunense, Dieudonné per essere stato discriminato, insultato, i suoi spettacoli vietati, causa la sua satira irriverente verso il sionismo.

E mi suonano particolari le parole di Papa Francesco, che inneggia alla libertà di parola, di critica, ma guai a toccare la fede, la religione, tanto, poi, da aggiungere “Se mi insultano la mamma, io tiro un pugno”. Voleva dire che quelli di Hebdo se la sono cercata ? Forse sì.
Una ragazza ha il diritto, teorico, di girare svestita come le pare, ma, in pratica, se lo fa di notte, per le strade di una metropoli, sa, deve sapere, a che rischi va incontro. Infatti, la redazione di Hebdo era sorvegliata da una guardia armata.
Insomma, sono libero di dire e criticare e fare satira come mi pare, ma se ironizzo pesantemente sulla mamma del Papa corro il rischio di prendermi un pugno in faccia. OK, va bene. Basta saperlo, basta che si sappia cosa c’è dietro quel che appare ……

Pratico Arti Marziali, l’arte del confliggere, anche per questo. Per saper stare saldamente nelle situazioni di crisi, per leggere le relazioni fuori dalle apparenze, dalle “finte” e dai “trucchi” e dalle provocazioni dell’antagonista, per assumermi la responsabilità adulta di tranciare laddove io decida di tranciare.

 



venerdì 16 gennaio 2015

A ritmo di cuore


“Tra vent’anni, non sarete delusi delle cose che avete fatto ma da quelle che non avete fatto. Allora levate l’ancora, abbandonate i porti sicuri, catturate il vento nelle vostre vele. Esplorate. Sognate. Scoprite”
( Mark Twain )

In principio è “Amare tradire”.
Illuminante saggio di Aldo Carotenuto, psicoterapeuta, che fa a pezzi concezioni sciocche e retrograde, quando non “furbette”, vigliacche, usate per scaricarsi di ogni responsabilità e/o proiettarla su altri.
In questo libro, infatti,  l’autore affronta un argomento considerato da sempre deleterio, il “tradimento”. Attenzione, lungi da ogni pruriginosa visione, qui si tratta di tradimento e tradire non solo e non tanto all’interno della coppia, ma abbracciando un ben più vasto orizzonte del pensiero e dell’agire umano.
Perché se nell’accezione corrente “tradire” è un verbo tremendo, sempre associato a valenze negative, un marchio infamante, in realtà, l’esperienza umana che questa parola designa nella storia individuale e collettiva, nella storia ‘sacra’ e in quella ‘profana’, letta in chiave psicologica dunque priva di ideologie e “paraculate”, si configura come l’evento “antitetico e dolorosamente dialettico” dell’inevitabile messa al mondo della soggettività nell’uomo.
Possiamo fare a meno di tradirci e di tradire? È questa la domanda cui il libro tenta di dare una risposta. Il tradimento ripugna alla nostra coscienza di buoni e puri, ma, afferma l'autore, è un'esperienza inevitabile.
Dalla nascita alla crescita nella famiglia di origine, nel rapporto con i genitori e i fratelli, alla vita di coppia dentro e fuori il matrimonio; nell’esperienza del sedurre e dell’essere sedotti, nell’atto di abbandonare e di essere abbandonati; negli amori tutti, quelli “normali” e quelli “devianti”, “legittimi” o “illegittimi”; fino alla morte “cercata” o “voluta”; nel farsi e nel disfarsi della coscienza, la violenza dell’esperienza del tradimento può anche aprirsi alla più vasta cosciente e articolata dialettica di autentico / inautentico dell’interiorità, individualmente esperita e ricercata.
Carotenuto affronta il delicato tema del tradimento, visto come atto necessario perché la psiche, ancora chiusa in una verginità inconsapevole e irriflessiva, sia iniziata al mistero della vita e dell'amore.
Tradire ed essere traditi vuol dire  scegliere un percorso coraggioso, adulto ed autodiretto, consegnarsi ad un destino di ricerca fatto di cadute e di sconfitte; significa riconoscersi come quegli esseri separati che, per ricostituirsi come soggetti, devono liberarsi da dettami e modelli collettivi, imposti. Devono dunque, in qualche modo, tradire.
Un punto di vista alternativo, altamente formativo  rispetto all’accezione comune (e sempre “comoda” nel dividere vittima e carnefice, nel proiettare su altri o negarsi a se stessi) del tradimento, l'evento sconvolgente che ci consente di uscire dal nostro guscio ed aprirci al mondo. Le possibilità di perdonare, dimenticare, divenire più leggeri e meno mentali, di essere autentici individui fisicoemotivi,  passano tutte attraverso l'accettazione del tradimento, sia subìto che perpetrato.

Se siete passati indenni, anzi arricchiti, da questa lettura, ora vi tocca “La separazione del maschio”, romanzo di Francesco  Piccolo.
E’ una intensa riflessione del maschio protagonista sulla complessità dell'amare: le donne (soprattutto),i figli, il lavoro,  la vita nelle sue molteplici accezioni. Critica e molti (molte) lettori e lettrici beceri lo hanno liquidato come un libro erotico, di sesso. Non è così, se non nella loro testa, quella sì “malata” di sesso, forse più agognato che felicemente vissuto ….
"La separazione del maschio" parla molto di sesso, ne descrive i dettagli, perfino gli odori, ma unicamente come modo per entrare in relazione profonda con l'altro e sempre con autentico rispetto.
Nessuna violenza nei pensieri e nelle azioni del "maschio", ma sincero desiderio di conoscere la persona con cui in quel momento sta insieme, nella convinzione che nessuno possa mai essere conosciuto fino in fondo, figlio o compagna che sia e soprattutto nessuno possa mai essere posseduto.
Libro da leggere, per le donne certamente, quelle che “gli uomini hanno solo quello in testa”, quelle che parlano stancamente del loro marito sciabattando scialbe in una quotidiana vita di routine grigia e distratta, quelle che ipocritamente tracciano una riga “tradimento sì – tradimento no” a seconda se ci sia stato un rapporto fisico o meno come se il desiderio ed il sogno non fosse già tradimento ( Carotenuto docet) e la sua non realizzazione fosse anch’esso un altro tipo di tradimento, questa volta verso se stesse ( ancora Carotenuto docet).
Libro da leggere per gli uomini, quelli che intessono molteplici storie di sesso (ginnastica?)  solo per ostentarne la collezione, quelli che sono noiosamente ed infelicemente fedeli magari solo perché non hanno le “palle” per osare….,  quelli che “la donna che va con altri uomini e una poco di buono”.
Libro da leggere per tutti quegli adulti, uomini o donne che sia, che non vogliono figli nella loro relazione o che, avendoli, ne trascurano il crescere: le intense pagine di  Piccolo descrivono un mondo di affetti, di complicità padre e figlia di assoluto valore e tenerezza. Perché stare accanto ad un figlio crea un mondo nuovo, del tutto inimmaginabile prima, un mondo che, almeno in parte, scomparirà quando il figlio sarà adulto a sua volta.

Anni or sono, una donna importante con cui stavo aprendo una relazione mi disse, a proposito dell’avere una storia extra coppia “l’importante è che l’altro della coppia non lo sappia”.
Per anni mi sono interrogato sul significato di questa affermazione.  Le parole del protagonista del romanzo di  Piccolo sono illuminanti: “La maggior parte del tempo degli amanti, dell’attenzione delle persone, è occupato dalla preoccupazione che la persona amata non ami qualcun altro. Non che ami me, ma che non ami altri. Questo a me è sempre sembrato sia impreciso, sia troppo poco. Se Teresa, quando si sveglia la mattina, ha negli occhi il suo amore per me, non voglio dire che non ha importanza se ama anche  qualcun altro, non voglio arrivare a sostenere questo, se altri lo sentono forzato, ma voglio almeno dire che mi basta. E vorrei che bastasse anche a lei il mio amore, ho sempre voluto questo. So che è difficile avere questo pensiero in una coppia, ma la verità è che è l’unico pensiero sensato. E semplice”.

A questo punto, siete pronti per l’agile saggio di Luciano Ballabio, “La coppia flessibile”, dedicato a come evitare di affogare nell’immobilità di una stessa relazione monogamica, lontani però dal perdersi in rivoli  di relazioni poligamiche. Oppure per “Il mito della monogamiain cui  David Barash e Judith Lipton smontano accuratamente  la  monogamia sulla base delle molte evidenze che vengono dalle scienze dell'uomo ma anche dalle ricerche di zoologia comparata, offrendo un interessante spaccato del conflitto tra natura e cultura.
O, meglio ancora,
se avete anche (e soprattutto) lavorato su voi stessi, sul vostro carattere e magari anche su tratti della vostra personalità;
se avete accettato e condiviso la vostra vulnerabilità, il diritto di essere accolti ed amati per quello che autenticamente siete;
insomma, se avete imparato ad “accettare desideri ed impulsi che la coscienza collettiva ritiene incomparabili con le richieste sociali, quella liberazione dell’Eros di cui Freud prima, Marcuse, Jung e altri poi hanno parlato” (A. Carotenuto in ‘La mia vita per l’inconscio’), allora siete pronti per vivere consapevolmente e felicemente le vostre relazioni, aperti al confronto / conflitto, al divenire che è insito in ogni cosa di questo mondo.
Siete pronti anche a sopportare con misurata pazienza lamentele, bugie, ipocrisie, fughe vigliacche e roboanti narrazioni, dei vostri colleghi di lavoro, dei vostri amici.
Anche perché potrebbero ricordarvi un recente passato ….

“Ci sono solo due giorni all’anno in cui non puoi fare niente: uno si chiama ieri, l’altro si chiama domani, perciò oggi è il giorno giusto per amare, credere, fare e, principalmente, vivere”
( Dalai Lama )

Post illustrato con foto scattate durante le vacanze invernali trascorse con la mia famiglia










 

giovedì 8 gennaio 2015

O Maé



             “Se tu ti alleni con me, tu sei il mio futuro e io ti   devo proteggere”
(in “O Maé”)

 Come spesso accade, un libro per ragazzi godibile, eccome, anche da un adulto
Storia di un ragazzo, come di altri ragazzi, del quartiere Scampìa, la Napoli più devastata, la Napoli nota alla cronaca di camorra e delinquenza.
Storia (vera) di un ragazzo, come di altri ragazzi, e dell’incontro con “o Maé”, il Maestro di Judo Gianni Maddaloni.
Storia di Judo e di una palestra che è un clan, un clan legale aperto nel territorio dell’illegalità, un clan che offre ai ragazzi una prospettiva di vita diversa dal delinquere.
Storia di microcriminalità, di vite aspre e orizzonti bui, quanto di umiltà e fatica e sudore  sul tatami di un Dojo.
Storia bellissima, anche, e soprattutto, perché reale, perché ci mostra, dal vivo, che “il destino non è un’ombra legata al piede. E’ solo un chewing – gum sotto la scarpa. Se uno vuole, lo stacca”.
E il Maestro Maddaloni mostra, ogni giorno, quanto ciò si vero, quanto ciò sia possibile.
Nella moltitudine di palestre di fighetti; di agonisti col paraocchi che l’unica cosa importante è vincere il titolo, il trofeo; di presunti picchiatori di strada; di intellettuali dello “stile più puro del tuo”; di mistici dell’energia e della saggezza immutabile; qui leggo di una palestra di Judo che è Scuola di formazione ed educazione alla vita, di un Maestro che davvero si pone, pagando in prima persona, come educatore.
Con tutto il rispetto per le avventure di Harry Potter, Geronimo Stilton e “fantasy” vari; con tutto il rispetto  per le agiate vite dei nostri figli, benestanti, ben protetti e ben pasciuti, questa è una lettura che a loro farebbe solo del bene. E non solo ai figli.

 “Se puoi sognarlo, puoi realizzarlo”
(Zig Ziglar)