lunedì 10 dicembre 2012

Confliggere o non confliggere ?


Perché poniamo tanta attenzione alla parola “confliggere”, alla dicitura “formazione guerriera” ?

Nessuno che sia scisso in se stesso può essere del tutto autentico
(K. Horney)

Sgomberato il campo da ogni paranoia sulle aggressioni di malviventi che ci aspetterebbero dietro ogni angolo, ridicolo business sul quale campano migliaia di esaltati della “difesa personale” a tutto danno di centinaia di migliaia di deboli impauriti, fino agli sventurati che ho visto mostrarsi di recente in televisione. Sì, l’impiegato del tran tran quotidiano che, in nome di un’ipotetica “catastrofe” prossima e futura, non solo gira a rovistare tra immondizie per costruire fornellini da campo ( e comperatelo un fornellino !! ), accumula, ben divise per anno, scorte alimentari in rifugi segreti (!?), pure si allena ed allena altri alla difesa personale, in una Scuola made Chang Tsu Yao ( e già questo dovrebbe far riflettere sull’efficacia di quel che fa), mulinando a vuoto una spada … finta, duellando ( tutte mosse prestabilite !) con in pugno un bastone, scaricando isterici pugnetti su un colpitore.
Come scritto più volte, lasciamo alla sana indagine psicoterapeutica di ognuno il perché dedicare tempo ed energie ad imparare a difendersi, come ( parole  testuali di un ex allievo) “andare in palestra a sfogarsi a tirar pugni piuttosto che ubriacarsi o picchiare la moglie” ( e certo che è meglio, ma a – non ti risolve il problema che ti ritorna dinanzi una volta che ti sei sfogato; b – se non cambi rotta, i problemi da cui ti allontani per sfogarti aumenteranno, si accumuleranno ).
Fetting
Noi, invece, viriamo decisi ad approfondire, una volta di più, cosa intendiamo per “formazione guerriera”, per praticare il combattimento in Dojo come metafora e metonimia del confliggere relazionale quotidiano.
O meglio, prendiamo la diffusa paura di essere aggrediti per strada o in casa  da un malvivente, il che attenterebbe alla nostra persona fisica come alla nostra dignità di adulto. Eppure, il colonnello  Grossman, nel suo ottimo “On Combat” mostra, numeri alla mano, la bassissima percentuale che ha ogni americano di essere vittima di un atto di violenza: e parliamo degli agitatissimi U.S.A. !
Prendiamo il genitore che ci affida il figlio o la figlia dicendoci  “Così impara a difendersi che va sempre bene”. Difendersi da chi ? Ma tu, genitore, quante volte sei stato aggredito a scopo rapina o stupro ? E perché mai dovrebbe esserlo tuo figlio o tua  figlia ?
Ecco emergere, sotterranea e strisciante, la tendenza dell’uomo a rimpiangere la simbiosi intra ed extra uterina, quello spirito fusionale in cui non ci sia posto per il temuto contrasto.
In quest’ottica distorto – fanciullesca, in cui ogni cosa, nel grembo materno prima e nei primi anni di vita dopo, scorreva via semplice e senza intoppi, tanto la diversità, l’alterità appaiono ostacoli sul cammino della fusione, quanto quest’atteggiamento fusionale, che non ammette contrasti, genera già da sé pulsioni ed atteggiamenti violenti e distruttivi. Atteggiamenti, azioni, proiettati al di fuori della relazione che fusionale, ovviamente, non può essere, oppure contro l’altro della relazione stessa ( tutta la violenza, la “cronaca nera”, che scoppia dentro le relazioni di coppia, le famiglie, qualcosa ci stanno pur dicendo !)
Un atteggiamento fusionale ancor più presente nelle nuove generazioni, quelle affette dal “narcisismo fragile” (M. Fornaro in “Psicologia contemporanea” nov – dic 2012), ovvero quel disturbo che impedisce l’accettabilità di sé agli occhi propri e altrui. L’esasperata ricerca di realizzarsi, del tutto avulsa da relazioni franche e solidali ( e per ciò stesso necessariamente conflittuali !) con gli altri, porta, per esempio, ad un culto parossistico del proprio corpo ( e vai di palestra, addominali a tartaruga e tatuaggi in bella vista, poi creme antirughe e maschere di bellezza, tutto per nascondere quelle che il poeta chiamò “le ingiurie del tempo”). Un individuo tutto attento solo a sé e, di conseguenza, al godimento subitaneo dei beni che fanno moda e tendenza. Beni che una società ginecocratica, materna nel senso deteriore del termine laddove instilla sempre nuovi bisogni per tenere legata a sé il “figlio” / consumatore, produce ed offre in quantità vieppiù abbondanti.
Il quadro, ora, appare più nitido: tendenza umana alla fusione per non incontrare contrasti, intoppi, a cui segue l’impossibilità di ricreare il “grembo materno”, la fusione, che genera così un ”uomo del difetto, alla ricerca famelica di successo nell’insicurezza del proprio valore” (ivi).
Baj
Ecco perché così tanti uomini e donne si buttano nella “difesa personale”, nei corsi di discipline che paventando aggressioni ad ogni angolo di strada, fomentano la paura dell’ ‘uomo nero’ promettendoti l’invincibilità attraverso la forza e la cattiveria e l’essere kazzuti. Ecco perché così tanti luoghi e pratiche di sfogo: che sia la palestra dove fare a pugni, ciecamente motivato alla violenza dalla presenza dell’altro o dalla fuga da una radicale introspezione o la palestra dove svieni di fatica sotto le urla di un despota che ti incita a pedalare, pedalare, pigiare sui pedali e tu ce la metti tutta a pedalare … stando sempre sul posto (grottesca ironia che è lo spinning); il locale dove inebetirsi di alcolici trangugiati come in catena di montaggio; lo shopping compulsivo, la diffusa arroganza alla guida, che sia di un mastodontico SUV o di una leggera bicicletta, ecc .ecc.
Ecco perché, invece, noi abbracciamo una strada alternativa. Quella che accetta e comprende lo scontro, la crisi, come occasione di crescita; le resistenze dell’altro come limite  alle proprie compulsioni, all’infantile delirio di onnipotenza; l’avversione altrui come luogo di crescita adulta che si lasci alle spalle ogni distorto ricordo fusionale; la pace come realistica gestione del confliggere.
Dalì
Una pratica che, senza diktat, modelli da imitare, violenze represse da sfogare, muscoli da gonfiare per apparire più grossi e cattivi, ordini e subalternità, indica il saper stare nel conflitto ( il guerriero ) come prassi quotidiana e Via (Do) altamente formativa.
Una pratica che ( vedasi il mio post precedente ) è appannaggio di pochi, di un pensiero diverso. Di chi coraggiosamente, a volte procedendo a tentoni, sempre sperimentando su di sé, si contrappone all’omofonia, al conformismo di massa.
 Per fortuna dell’umanità che esistiamo noi e quelli come noi, quelli che  godono di ogni autentica eccitazione e di ogni senso d’impresa, quelli per cui “… in questa simbiosi fra l’irresistibile impulso ad andare oltre e la calda voglia di condividere sta il nuovo, più ampio ruolo degli sperimentatori e dei pionieri” (F. Bolelli “Con il cuore e con le palle”).
Altrimenti, pensando in grande, staremmo ancora a credere la terra piatta ed alle grandezze assolute ( beh, per il senso comune è ancora così, come se Einstein non fosse mai esistito !!), non avremmo avuto il ’68 e la poesia Beat, la pedagogia innovativa di Danilo Dolci e la pittura di Dalì …  “stay hungry, stay foolish  “ (S. Jobs ).
Munch
A te, al tuo piccolo, al tuo quotidiano, pensare come saresti tu oggi, come vivresti tu oggi, se solo avessi abbracciato il coraggio del confliggere, avessi guardato dritto negli occhi i tuoi dubbi, avessi inteso la vita come vita da vivere e non da salvare.
Però .. sei ancora in tempo a cambiare rotta, a mettere le mani dentro di te e la tua Ombra, ad affermare  la tua autentica e personale  visione delle cose, a … imparare a confliggere.

Perché sei tiepido e non sei né freddo né fervente, io ti vomiterò dalla mia bocca” (l’Apocalisse 3.16)